Il Palazzo, conosciuto come Palazzo Doria, porta il nome della famiglia feudataria di Candela e del nostro territorio dal 1531 al 1808. Il primo nucleo, edificato sui resti delle mura medioevali, risale alla fine del XV secolo, essendo feudatario di Candela il duca Troiano Caracciolo del Sole (1496). Foto 1
Successivamente il palazzo subì un ampliamento nel corso del XVI secolo, durante il quale Candela divenne feudo del principe Andrea Doria e dei suoi successori Marcantonio Doria Del Carretto e della figlia Zenobia, signori di Melfi e di Candela. L’edificio ha assunto l’aspetto monumentale, che ha tuttora, nel 1607 per volontà di Luca Basilico. In quel periodo fu ulteriormente ingrandito e dotato dell’attuale rampa d’accesso e dell’elegante loggia in avancorpo, a triplice arco, su colonne e balaustrine di raccordo FOTO 2. Il loggiato è di accesso al palazzo attraverso un portale architravato. Questo palazzo, a tre piani, presenta due ingressi, uno più antico su via Corte, l’altro, più recente, su via cap. Giuseppe Marrese. Entrambi recano l’ emblema della famiglia Basilico, caratterizzato da un’anfora con pianta di basilico FOTO 3. Un’iscrizione è presente sul cornicione della loggia:
Luca Basilico, dottore in utroque iure, con l’aiuto di Dio, felicemente ha portato a termine la costruzione di questo edificio. Colui che la fondò ugualmente protegga la casa. Dio tuteli ed accresca la fortuna della casa e del padrone. Nel mese di Giugno del 1607.
La famiglia Basilico, originaria di Genova, venuta a Candela con l’arrivo dei Doria, per fare investimenti fondiari nello Stato di Melfi, o per ricoprire cariche istituzionali, per tutto il secolo XVI abitò in questo palazzo. Dal XVII secolo, fino ai giorni nostri, attraverso successioni testamentarie, matrimoni o acquisti, si sono alternate nella proprietà del palazzo le famiglie: Basilico, Montanarella, Iambrenghi, Vitagliani, Moscariello.
Nel 1698, il palazzo è teatro di un avvenimento rimarchevole: il soggiorno e la morte del giureconsulto e filosofo napoletano Francesco D’Andrea, ospite del principe Doria. Alla sua morte fu sepolto nella cappella gentilizia della famiglia Iambrenghi presso la Chiesa Matrice di Candela, come testimoniano i registri di morte conservati presso l’Archivio Storico Parrocchiale.
Il palazzo nel secondo piano nobile presenta un soffitto ligneo di fattura pregevole, sia per la struttura complessiva, sia per la cura dei singoli pezzi caratterizzati da comparti quadrangolari, nei quali sono inseriti alternativamente un quadrato e un rombo, con al centro un fiore scolpito a rilievo FOTO 4. Un altro ambiente, sempre sullo stesso piano, conserva un magnifico soffitto ligneo a profondi lacunari dipinti e indorati, di chiara ispirazione manieristica. Nel salone una monumentale porta con stipiti dorati, modanature e stemmi nasconde al suo interno un altare, che nel paliotto presenta su legno stuccato e dipinto un grande stemma della famiglia Basilico FOTO 5. Nel 1792 in occasione delle seconde nozze di don Giuseppe Clemente Iambrenghi, il palazzo si arricchì ulteriormente, infatti risalgono a quel periodo le belle porte settecentesche con cimase e iniziali del committente DGCI FOTO 6-7.
Va ricordato che la famiglia Iambrenghi ha abitato questa antica dimora ininterrottamente per tre secoli pertanto è più giusto chiamare questo edificio Palazzo Doria - Basilico - Iambrenghi.