Fino alla prima metà del 900 il pane era un alimento fondamentale nella dieta quotidiana soprattutto nelle classi meno abbienti. La preparazione avveniva in casa ma per la cottura si utilizzavano i forni pubblici. Data l’abbondante disponibilità di paglia derivante dalla coltivazione di grano e di altri cereali, da prodotto di scarto divenne una risorsa preziosa usata come combustibile a basso costo. Questo portò alla diffusione di forni a paglia che sostituirono quelli a legna così da risparmiarla per la cottura di cibi e per il riscaldamento delle abitazioni. Nel 2016 a Candela venne rinvenuto un forno a paglia. FOTO 1 Il forno presenta due bocche: la superiore per la cottura dei cibi FOTO 2 e quella inferiore per la combustione della paglia FOTO 3. I due livelli sono in comunicazione tra di loro attraverso un foro centrale sul piano di cottura detto “inferno” che consentiva al calore e alle fiamme di risalire nella parte superiore. La fiamma della paglia era violenta e caldissima ma di breve durata perciò il forno richiedeva una continua alimentazione per raggiungere la temperatura richiesta per la cottura del pane. Raggiunta la temperatura la base veniva pulita con uno straccio legato ad un’asta e a fuoco spento si infornava il pane. La cottura durava circa 2 ore e la bocca del forno veniva chiusa con una pietra fissata da una sbarra di legno. Il vapore, sprigionato durante la cottura del pane, rimanendo intrappolato nel forno, contribuiva alla cottura mentre l’uso della paglia produceva un pane con una crosta spessa e una mollica morbida. Il pane croccante appena sfornato si ammorbidiva con il passare dei giorni mantenendosi per più di una settimana.